Stava lì appesa al suo albero e la sua vita era fluida come lo scorrere di un fiume certo del suo corso. Conosceva bene ogni piega di tempo delle sue giornate.
Non si aspettava l'arrivo degli artigli di un vento crudele che la strapparono via, prima del suo autunno...e invece si ritrovò sperduta in un groviglio indistinto di nuvole e cielo. Cosa succederà alla povera foglia di questo racconto di poche parole, un soffio di fiaba? Scoprilo qui sotto.
C’era una volta una foglia che viveva soddisfatta attaccata al suo ramo. Conosceva bene ogni piega di tempo delle sue giornate. Sapeva che la linfa sarebbe arrivata puntuale e distribuendosi lungo tutti i suoi sentieri l’avrebbe ben nutrita e ristorata, ogni giorno. Distingueva chiaramente il suono delle voci delle sue compagne e di ciascun racconto che cadeva giù dai becchi degli uccelli migratori.
Ricordava tutte le virgole del suo passato e aveva chiaro quale sarebbe stato il suo ultimo presente.
Viveva fluida come lo scorrere di un fiume certo del suo corso.
Non si aspettava che gli artigli di un vento arrabbiato sarebbero giunti a graffiarla via prima del suo autunno. Si ritrovò confusa e sperduta in un groviglio indistinto di nuvole e cielo, senza nulla a cui aggrapparsi, strapazzata da soffi beffardi.
Sempre più lontana, da ombre e luci conosciute, perse parole e pensieri. Rimase sola ed estranea persino a sé stessa, sbigottita.
Tentava di riconoscere anche il più piccolo pulviscolo di quotidianità, di abitudine rimasto intrappolato con lei nelle onde del vento, ma non c’era più nulla.
Di ciò che era le restava soltanto un fragile “Perché?” e per non perderlo lo legò ben stretto alla sua pelle sottile.
Nell'oceano di vento, che sembrava non avere confini, ogni suo tentativo di risposta veniva frustato da sferzate violente.
Il Dio del vento percepiva l'anonima paura della foglia, la sentiva perdersi fra le sue onde.
«E adesso cosa farai?», le domandava cattivo stringendole i fianchi.
«Pensavi che tutto fosse certo, come tu desideravi?», la tormentava affogandola d’aria.
«Supponevi di meritarti di essere al sicuro?», la schiaffeggiava passandole vicino.
La foglia, in quei violenti turbinii di vento, non riusciva quasi più a tenere stretto il suo PERCHÉ.
Infine, stremata svenne e le sue braccia divenute inermi lo lasciarono andare.
Dopo molte ore, si risvegliò sopra ad una terra sconosciuta. Intorno a lei, sopra e sotto di lei, c’erano altre foglie con la sua stessa sorte. Si guardarono a lungo sperando di riconoscersi e poi iniziarono a piangere. Sopra di loro incombeva un’ombra indefinita, ma all'orizzonte il sole si sollevava a colorare il cielo, sorseggiando un rosso karkadè. Fili di luce purpurea si srotolarono sulla terra e in breve tempo raggiunsero il gruppetto di foglie sperdute. Le accarezzarono dipingendo la loro pelle con il colore dell’alba. L’ombra indistinta si svelò un cespuglio di rose odorose. Le foglie si fusero con la terra e cambiando la loro natura divennero linfa, poi rose e infine il radioso profumo di una nuova esistenza.
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